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Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa - Capitolo II

La storia: le trasformazioni architettoniche - cap. II

Particolare del portale su Ruga Giuffa

La configurazione attuale del palazzo è il frutto di imponenti lavori di trasformazione condotti sull’edificio nel corso del Cinquecento. Il palazzo dall’impianto originario veneto-bizantino, modificato e ampliato nel corso del Quattrocentoi, venne donato nel 1500 da Antonio Grimani ai figli Vincenzo, Girolamo e Pietro. Le complesse vicende ereditarie che ne seguirono assunsero una chiara definizione solo nel 1532. A quella data i figli di Girolamo: Vettore e Giovanni, divenuti proprietari del palazzo, assieme al fratello Marco, decisero di andarvi ad abitare, occupando rispettivamente il primo e il secondo piano e, nel 1537, avviarono una prima fase di interventi. I lavori condotti in quegli anni dai fratelli Vettore e Giovanni, senza modifiche sostanziali all’impianto generale dell’edificio, avevano una duplice finalità: da una parte quella di rendere l’edificio maggiormente funzionale per l’abitazione dei due proprietari e, dall’altra, quella di qualificarlo e arricchirlo nell’aspetto. Tra gli interventi del primo gruppo c’è la realizzazione di uno scalone che rendeva indipendenti il primo e il secondo piano, tra quelli del secondo gruppo rientrano le raffinate decorazioni di alcuni ambienti al piano nobile ad opera di Giovanni da Udine e di Francesco Salviati. Le trasformazioni di maggior rilievo del palazzo furono però realizzate dopo la morte di Vettore, avvenuta nel 1558. A partire da quella data Giovanni, divenuto unico proprietario, avviò un grande ampliamento del palazzo, costruendo due nuove ali, che sostanzialmente raddoppiarono le dimensioni dell’edificio e trasformarono la fabbrica gotica dall’impianto a elle in un palazzo a blocco con grande corte centrale porticata sui quattro lati. L’intervento di Giovanni Grimani dette un volto completamente nuovo al palazzo. I suoi riferimenti culturali in materia di architettura e di arte, molto lontani da quelli dell’ambiente veneziano, e la sua passione per l’archeologia, ereditata dallo zio Domenico, guidarono Giovanni nelle trasformazioni del palazzo. L’edificio doveva essere al tempo stesso la testimonianza architettonica e artistica della cultura manierista del centro Italia e una vera e propria sede espositiva per i notevoli pezzi scultorei antichi, per i dipinti, le medaglie, le gemme e i libri della sua collezione, che andava continuamente ad arricchirsi.
È probabile che non vi fu la mano di un architetto famoso a coordinare gli interventi di trasformazione del palazzoiii, ma che fu lo stesso Giovanni, sempre circondato da ottimi consiglieri, quali il Sanmicheli, il Serlio, il Sansovino e il Palladio, che frequentavano la sua dimora, per citare solo alcuni nomi, l’artefice del rinnovamento del palazzo. Un sostanziale contributo al nuovo volto del palazzo va ricercato nell’opera di Federico Zuccari e di Camillo Mantovano che hanno lasciato straordinari saggi della loro arte in diversi ambienti del palazzo, quali, ad esempio, lo scalone monumentale e la “stanza a fogliami”.
Il risultato ottenuto da Giovanni Grimani è un edificio di grande fascino, del tutto distante dalle tematiche artistico architettoniche dell’ambiente veneziano, dal carattere disomogeneo, per il succedersi e il  sovrapporsi di interventi di modifica e per il voluto accostamento di diversi linguaggi architettonici, ma allo stesso tempo unitario, per la chiara leggibilità del duplice filo conduttore del progetto.

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ultima modifica 2018-05-30T14:31:20+01:00

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