Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa - Capitolo VI
Per la difesa dalle acque alte è stato adottato un pacchetto di interventi di tipologia differente che ha consentito di eliminare totalmente il rischio di invasione dell’edificio per eventi di marea fino a 2.00 m. sul livello medio mare. Una quota precauzionale molto alta, ma giustificata dalla memoria dell’eccezionale livello di 1.98 m. raggiunto nel 1966.
La difesa è stata caratterizzata dall’azione integrata di sistemi di contenimento delle acque di tipo passivo e attivo. I primi agiscono lungo il perimetro dell’edificio e sulle superfici sottopavimentali, creando una barriera impenetrabile all’acqua proveniente dai rii, dalle calli circostanti, dalle canalizzazioni sotterranee e dalla filtrazione dei terreni; i secondi agiscono al di sotto delle pavimentazioni, intercettando l’acqua in fase di crescita di marea con una rete di tubazioni forate, convogliandola poi verso pozzetti di raccolta, per espellerla infine nuovamente verso i canali mediante pompe a innesco automatico, continuativamente fino al rientro della marea. I sistemi di tipo passivo e attivo sono comunemente definiti rispettivamente vasche e sistemi di drenaggio attivo.
Entrambi i sistemi presentano vantaggi e svantaggi. Le vasche sono in genere considerate più sicure. Certamente sono accreditate di un’affidabilità maggiore derivante da una sperimentazione di vecchia data a Venezia. D’altra parte però sono senz’altro da ritenersi piuttosto invasive sull’architettura a causa della massiccia presenza di calcestruzzo armato che in qualche modo interagisce con il sistema strutturale dell’edificio. I sistemi di drenaggio attivo, pur presenti in area lagunare da oltre trent’anni, hanno avuto una diffusione molto minore, per i costi, in particolare quelli di gestione, e per il rischio di malfunzionamento legato all’efficienza delle pompe e delle canalizzazioni. Di conseguenza hanno avuto una minore sperimentazione. Rispetto alle vasche presentano sicuramente un’invasività assai minore sulle strutture degli edifici, mentre la loro efficacia è legata al livello qualitativo della realizzazione e alla frequenza della manutenzione.
Per entrambi i sistemi va detto che negli ultimi anni vi sono stati dei notevoli miglioramenti, legati all’evoluzione tecnologica e qualitativa dei materiali e all’eliminazione dei principali problemi attraverso l’esperienza tratta dalle ormai numerose realizzazioni; è certo però che, pur essendo ancora lontani dal poterli ritenere esenti da difetti, si può allo stato attuale affermare che con una buona progettazione, con una realizzazione accurata, impiegando materiali di alta qualità, programmando e investendo per una adeguata manutenzione, si può raggiungere un’elevata affidabilità.
La scelta fatta per palazzo Grimani, discende dalla convinzione che è possibile nei casi più complessi combinare le potenzialità dei due sistemi, e che differenziando le scelte si riesce, in situazioni differenti, a sfruttare i vantaggi intrinseci delle due tecniche limitando al massimo le loro difettosità. In particolare è stata preferita la minore invasività del sistema di drenaggio attivo, adottato per la tutta la superficie del cortile e per parte dei porticati, sfruttando invece la superiore sicurezza delle vasche per le soluzioni perimetrali e comunque per tutti i vani chiusi e coperti.
Per ridurre l’invasività strutturale delle vasche e per aumentare invece l’affidabilità del sistema drenante sono state prese particolari precauzioni.
Per quanto riguarda le vasche si è scelto, seguendo una tendenza progettuale ormai consolidata e collaudata negli ultimi anni, di non realizzare nessuna ammorsatura tra i bordi delle stesse e le murature dell’edificio. Il sistema strutturale del palazzo e quello delle vasche sono rimasti così totalmente indipendenti. La stabilità di queste ultime è stata garantita, a seconda delle situazioni presenti, in considerazione della profondità del piano intradossale e della connessa rilevanza delle sottopressioni idrostatiche delle massime maree ipotizzabili, dalla massa stessa delle platee in calcestruzzo armato o da fondazioni autonome su pali. La difesa verticale dalle acque è stata poi ristretta ai soli muri perimetrali dell’edificio e a limitati risvolti in corrispondenza dei muri di spina. Questa scelta, che riduce di molto le interazioni residue tra vasche e murature comunque presenti anche in assenza di ammorsature per effetto degli attriti di superfici relativamente ampie, quali possono essere quelle dei muretti verticali delle vasche, è stata possibile grazie all’efficienza diffusa del masso murario, per effetto degli interventi realizzati nei lotti precedenti e grazie alla presenza del sistema drenante che abbatte il livello di marea all’interno del perimetro del fabbricato. La tenuta perimetrale delle vasche è affidata a giunti bentonitici. Oltre che per i giunti perimetrali, la bentonite sodica è stata utilizzata sempre anche come diaframma impermeabile a ridosso delle solette in calcestruzzo delle vasche. Tale materiale risulta più affidabile nel tempo rispetto alle membrane sintetiche e riduce anche di molto i rischi che possono derivare da una eventuale posa in opera difettosa.
Vasca di tenuta per l’acqua alta – l’armatura in acciaio inox
Per garantire la massima affidabilità del calcestruzzo impiegato per le vasche, per assicurarne il più possibile l’integrità e la riduzione al minimo degli interventi manutentivi nel tempo, si è fatto ricorso, per la prima volta in interventi di tale tipo, ad armature tutte in acciaio inox, con un incremento di costi sensibile, ma ampiamente bilanciato dall’affidabilità nel tempo e sicuramente giustificato dalla straordinarietà dell’edificio cui sono state destinate.
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