Note storiografiche
La costruzione del complesso monumentale di Santa Maria della Carità, stratificata nelle fabbriche esistenti, risale agli inizi del dodicesimo secolo1. Fino all’Ottocento gli edifici ospitarono due diverse istituzioni religiose, una canonica regolare e una confraternita laica con scopi devozionali e caritativi. La canonica e la Scuola condivisero il nome e l’uso di alcuni spazi, ma i loro edifici furono distinti e seguirono storie indipendenti. Oltre a essere mantenuti e arricchiti con continuità, furono anche ricostruiti e trasformati con successive campagne di lavori. Negli anni ’60 del Cinquecento la canonica fu in gran parte riedificata su progetto di Andrea Palladio, inteso come costruzione su modello della domus antica. La sede della Scuola fu invece rinnovata nel Settecento ad opera dei principali architetti di quel tempo, Giorgio Massari e Bernardino Maccaruzzi. La canonica fu soppressa prima della Caduta della Repubblica, nel 1792; la Scuola – un’istituzione essenziale nella vita della Serenissima – fu invece chiusa durante il dominio napoleonico nel 1806.
Nel 1807 il complesso fu assegnato dal governo del Regno italico alla Scuola Accademia di Belle Arti. Gli spazi furono destinati alla Scuola d’Arte e alle Gallerie sulla base delle nuove necessità funzionali e rappresentative prescindendo dall’originaria suddivisione degli edifici fra la canonica e la Scuola.
I primi lavori, volti a ridistribuire e a rendere agibili i locali, portarono a manomissioni particolarmente radicali sulla chiesa e criticate in seguito come devastazioni2. Si diede quindi inizio a una serie di costruzioni e trasformazioni, soprattutto determinate dalla sistemazione delle Gallerie che si organizzarono rendendosi indipendenti dalla Scuola3. Le nuove costruzioni furono realizzate nel corso dell’Ottocento e furono riprese e compiute negli anni Trenta del Novecento, quando fu chiuso e suddiviso il chiostro seicentesco adiacente alla chiesa.
Le trasformazioni e i nuovi allestimenti si sono susseguiti fino ad oggi.
Su tutti va richiamato il progetto di rinnovamento e di ampliamento pensato nel secondo dopoguerra da Carlo Scarpa su incarico di Vittorio Moschini, e gli interventi e arredi scarpiani ancora conservati nelle attuali Gallerie documentati nell’importante catalogo della mostra Carlo Scarpa 1906-1978 curato da Giuseppe Mazzariol e Francesco Dal Co 4.
A quasi due secoli di distanza, la storia del complesso sta per intraprendere un nuovo corso. Trasferita la scuola d’arte nella nuova sede, appositamente restaurata, dell’ex Ospedale degli Incurabili, gli edifici della Carità sono stati restaurati da Tobia Scarpa, il museo completamente climatizzato, e destinati a raddoppiare la superficie della Pinacoteca storica costituendo le Grandi Gallerie dell’Accademia.
Prima di intraprendere i lavori è apparso indispensabile rilevare non soltanto lo stato degli edifici, ma anche la vita che si svolge al loro interno con particolare riguardo all’attività della scuola Accademia di Belle Arti che, lasciando la sede storica nel 2004, ha aperto un nuovo capitolo nella storia dell’istruzione artistica a Venezia. Si è anche ritenuto utile riaffrontarne sistematicamente la sequenza delle trasformazioni storico-costruttive, a partire dagli studi esistenti e con ulteriori ricerche sugli aspetti e sui periodi non ancora adeguatamente approfonditi. Sul complesso della Carità si dispone infatti di una letteratura cospicua ma frammentata. Non esiste ancora uno studio che riunisca la storia complessiva della canonica regolare e della Scuola e le ricerche hanno privilegiato aspetti o periodi ritenuti particolarmente significativi. Gli studi sulla chiesa hanno preso le mosse dalla pubblicazione dei libri mastri quattrocenteschi della fabbrica e del barco – il coro a ponte che ne divideva lo spazio – , curata nel 1924 dal direttore delle Gallerie, Gino Fogolari, in relazione alle opere di ripristino dell’edificio da lui dirette5. Per quanto riguarda la canonica, l’interesse si è rivolto alla fabbrica di Palladio. Nell’ambito degli studi palladiani, l’edificio e il progetto di Palladio sono stati in particolar modo indagati da Elena Bassi, autrice della monografia Il convento della Carità, pubblicata dal Centro Internazionale di studi di architettura “Andrea Palladio”, e del catalogo della mostra Il complesso palladiano della Carità (Venezia, Gallerie dell’Accademia, 1980)6. Tra i contribuiti recenti, si ricordano lo studio di Mario Piana, Il Convento della Carità: materiali, tecniche, sculture, apparso nella rivista Annali di Architettura pubblicata dallo stesso Centro Palladio, e il saggio di Anna Elisabeth Werdehausen, che rende nota un’acquisizione documentaria utile a datare il progetto e lo inquadra nel contesto dell’architettura promossa dai canonici regolari lateranensi7.
La storia costruttiva della Scuola è stata puntualmente ricostruita dal suo inizio al Cinquecento da David Rosand, nello studio Titian’s Presentation of the Virgin in the Temple and the Scuola della Carità, corredato dalla trascrizione integrale dei documenti più importanti e pubblicato in Painting in Sixteenth-Century Venice (prima edizione 1982)8. Sandra Moschini Marconi si è invece occupata degli interventi edilizi e decorativi settecenteschi, dandone conto in “Ateneo Veneto” nel 1967. Una sintesi della storia complessiva è stata infine scritta da Elisabetta Martinelli Pedrocco, nel volume Le Scuole di Venezia curato da Terisio Pignatti (1981), che contiene anche le schede sulle opere d’arte tuttora esistenti e realizzate nei secoli per la Scuola.
Le trasformazioni ottocentesche del complesso della Carità sono state ripercorse all’interno delle vicende delle collezioni e dei loro allestimenti da Sandra Moschini Marconi come premessa al catalogo delle Gallerie pubblicato nel 19559. Le planimetrie e i documenti relativi ai primi interventi – il progetto iniziale di Giovanni Antolini e i lavori condotti da Giannantonio Selva – sono stati riscoperti e pubblicati da Laura de Carli e Michele Zaggia nel saggio Chiesa, convento e scuola di S. Maria della Carità in Venezia, apparso nel 1974 nel “Bollettino del C.I.S.A. Andrea Palladio”. Alcuni progetti di Francesco Lazzari sono stati ritrovati e pubblicati da Elena Bassi10.
Per quanto riguarda le fonti, numerosi documenti sono stati resi noti negli studi qui sopra ricordati. Ci si limita qui ad aggiungere L’architettura e la scultura del Rinascimento a Venezia di Pietro Paoletti, edita alla fine dell’Ottocento ma che offre dati e osservazioni ancora oggi imprescindibili11. Altre importanti testimonianze scritte e iconografiche sono inoltre contenute in un lavoro inedito di Mauro Pitteri Il complesso della Carità. Chiesa, canonica, scuola e ospedale redatto proprio in occasione dell’avvio del progetto di ampliamento delle Gallerie.
La consistenza storica e materiale del complesso della Carità è un dato sostanziale del progetto di ampliamento del museo che è stato oggi realizzato, in nessun modo subordinato alla nuova progettazione, ma primariamente posto come obiettivo di tutela, conservazione e conoscenza dell’architettura. Ciò è in consonanza con il ruolo culturale svolto dalle Gallerie dove l’importanza architettonica del complesso è testimoniata dalla quattrocentesca chiesa della Carità e la Scuola, dalla grande ala palladiana del 1560, dagli interventi degli architetti Selva e Lazzari del 1807-1811, dall’ala novissima realizzata alla metà dell’Ottocento e si aggiunge alle straordinarie opere pittoriche in esso contenute.
Renata Codello